giovedì 30 aprile 2009

l'ultima corsa di maurilio

Se ne andava, veloce come il vento: Montuori lo guardava e lui partiva e correva, correva. Ieri mi piace pensare che sia scattato ancora una volta, l'ultima. Più di cinquant'anni fa la fascia sinistra del Comunale era il suo ufficio, la corsa e la volontà le sue doti migliori, ma era anche bravo, Maurilio Prini.

"Un signor giocatore" - ha ricordato Giuliano Sarti, che era un signor portiere e soprattutto un suo amico.
Lui e Maurilio erano "l'alfa" e "l'omega" di una formazione che Firenze non dimentica e che conoscono anche quelli che, come me, quando vinceva lo scudetto non erano ancora nati:
Sarti, Magnini e Cervato, Chiappella, Rosetta, Segato, Julinho, Gratton , Virgili, Montuori e poi lui: Maurilio Prini, che era l'ultimo ed il più vicino a casa perché era nato a Pontassieve. L'unico toscano del primo scudetto viola.

In mezzo a gente come Julinho, Montuori, Segato, Gratton, Cervato, il grande Rosetta, brillare di luce propria non era facilissimo ma lui arrivò lo stesso in Nazionale: tre partite soltanto, tutte in trasferta e tutte sconfitte, ma contro Argentina, Brasile e Jugoslavia.

Aveva giocato anche al Maracanà, Maurilio Prini una cosa che possono raccontare in pochi. Fulvio Bernardini, che sapeva cos'era il calcio, lo apprezzava tantissimo perché accanto a fantasisti come Montuori e Julinho il suo gioco lineare, il suo moto perpetuo era fondamentale per quelli che oggi chiamano "gli equilibri della squadra" e che allora chiamavano "primo non prenderle".

Prini, infatti è stato un precursore nel ruolo di "ala tornante", cioè di quel giocatore destinato a correre in avanti ed indietro, ma anche dotato di un grande senso della posizione, capace di trovarsi sempre dove i compagni lo avrebbero cercato e dove gli avversari non avrebbero voluto che fosse. A lui, al suo stile ed al suo personaggio, sempre sullo sfondo di campioni capaci di rubare gli occhi e la scena, si addice bene una frase che sentii una volta da Sergio Castelletti, terzino della Fiorentina anni '60.

Lo incontrai in un laboratorio di analisi mediche, accompagnava una persona anziana su una carrozzina, c'era gente e lui era in coda. Un signore gli si avvicinò: "Lei è Sergio Castelletti, vero? Io ero un abbonato venivo tutte le domeniche allo stadio a vederla giocare..."
Lui sorrise stringendogli la mano e rispose: "Grazie, ma spero per lei che venisse allo Stadio anche per Hamrin e Lojacono."

Era il destino di quelli che venivano considerati a torto i "comprimari" "quelli che giocavano con".
Maurilio Prini però ha avuto momenti di autentica gloria nella sua carriera spesa con tre sole maglie: Fiorentina, Lazio e Prato. Il suo "giorno dei giorni" arrivò l'anno dopo quello dello scudetto, quando la Fiorentina giocò la sua prima Coppa dei Campioni.
In semifinale i viola incontrarono la Stella Rossa di Belgrado, prima partita in trasferta.
Ottantamila spettatori, forse più, partita difficile oltre che per l'ambiente, fa un gran freddo nonostante sia aprile, anche per la forza degli avversari fra i quali giocano campioni del calibro di Mitic e Sekularac, che all'epoca a livello europeo e mondiale sono qualcuno, e schierano parecchi undicesimi della nazionale slava.

La Fiorentina soffre, fa una bella partita, ma l'avversario è di quelli tosti, ed il risultato è inchiodato sullo 0-0 quando mancano pochi minuti al novantesimo e si capisce che anche al ritorno non sarà facile fare gol.
All'improvviso arriva il gol della vittoria e chi lo segna ? Lui, Maurilio che diventa protagonista rubando, per una volta, la scena ai campioni dell'attacco viola.

Al ritorno la partita si chiuderà sullo 0-0 e grazie al gol di Prini la Fiorentina si qualificherà, prima squadra italiana, per la finalissima di Madrid dove avrebbe dovuto affrontare il proibitivo ostacolo del Real.
Quella successiva sarebbe stata l'ultima stagione di Prini in viola: dopo sei anni, con 65 presenze (26 nell'anno dello scudetto) e 3 reti, viene ceduto alla Lazio dove è andato il suo estimatore Fulvio Bernardini e proprio allora Maurilio si toglie una bella soddisfazione anche se amara per un cuore viola come lui.
Una delle prime partite che gioca in maglia biancazzurra è la finale di Coppa Italia, proprio contro la "sua" Fiorentina che gli ha preferito Gianfranco Petris destinato a passare alla storia viola col soprannome di "Fascione".

La squadra viola è favoritissima, è appena arrivata seconda in Campionato mentre la Lazio è sfuggita in extremis alla retrocessione e nonostante Bernardini sono in pochi a credere ad un risultato diverso da una vittoria viola.
Invece ci mette lo zampino Maurilio Prini che dopo mezz'ora segna con un colpo di testa che il suo amico Giuliano Sarti giudica un po' fortunoso.
La palla, sfiorata, si insacca e Giuliano si rivolge al suo amico che esulta gridando: "Maurilio, tu l'hai sbucciata!"
"Sbucciata" o no quella palla fu decisiva e la Lazio portò a casa il suo primo trofeo e Maurilio Prini l'ultimo.
Continuò a giocare, Maurilio, fino a trentadue anni, chiudendo la carriera nel Prato che riuscì a riportare in serie B, e quindi nel calcio professionistico, per l'ultima volta.

Anche dopo è rimasto sempre un tifoso della Fiorentina, un amico sempre pronto a raccontare nelle poche trasmissioni in cui era ospite, o nei ritrovi dei viola club, quanto erano bravi Montuori, Segato, Sarti ("Mai io gli ho fatto gol...anche se diceva che l'avevo sbucciata") e soprattutto Julinho ("Uno come lui non s'è più visto...").
Ora è l'occasione di ricordarci di quanto era bravo lui, Maurilio che con uno dei suoi rari gol portò la Fiorentina dove non è più tornata.

(grazie a Frank Parigi... è tutta farina del suo sacco)

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